Caduti Guastallesi

Settembre 2012
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Al Nome
de’ suoi Valorosi
che nella Guerra delle Nazioni
assertori magnanimi
del Diritto e della Libertà
per la grandezza d’Italia
pugnarono caddero vinsero
Guastalla
con orgoglio materno
1922”

Apro questa pagine a ricordo dei caduti Guastallesi della Prima Guerra Mondiale…E’ un elenco che ha diverse caratteristiche, una fra queste è che non sempre (come spesso accade) i dati dei caduti corrispondono (errori di trascrizione, ecc…). La fonte principale è un libretto (conservato presso la Biblioteca Maldotti), intitolato “A’ suoi caduti in Guerra”, pubblicato dal Comune di Guastalla in occasione dell’inaugurazione del Monumento ai Caduti del 4 Novembre 1922 (Fondo Mossina vol. 85); in questo libretto sono stati elencati i caduti nati o residenti a Guastalla (da cui ho estrapolato solo i nati). Successivamente i dati del libretto li ho messi a confronto, prima con il database dell’Istoreco-Albi della Memoria, poi con l’Albo d’Oro dei Caduti. Le varie fonti sono state messe a confronto per avere un quadro che aggiunge maggiori informazioni, che potranno essere utili a chi desidera cercare il proprio avo. L’ultima nota: nell’elenco del libretto della Biblioteca, in alcuni casi, sono presenti i luoghi della prima sepoltura del caduto. Nel corso del dopoguerra molti cimiteri, vicino ai campi di battaglia, furono chiusi e le salme trasferite in Sacrari più grandi (tipo Redipuglia, Oslavia, ecc…). Sarà mia premura, per quanto mi è possibile, cercare di verificare tali notizie (le sepolture accertate sono segnalate in verde). Se qualcuno possedesse informazioni utili, non esiti a contattarmi…

Desidero ringraziare il Signor Amos Conti e l’Istoreco-Albi della Memoria di Reggio Emilia per la preziosa collaborazione, la Biblioteca Maldotti di Guastalla per alcune foto dei caduti guastallesi e la Federazione provinciale Romana dell’Istituto del Nastro Azzurro per la cortesia, disponibilità e velocità nel reperire le motivazioni delle Medaglie al Valor Militare (visita il sito)

In Memoria dei Caduti guastallesi…

Totale caduti Guastallesi: n. 245
Classe 1899: n. 7
Totale Ufficiali e Sottufficiali: n. 13
Dispersi: n.22
Morti in prigionia: n. 23
Non presenti nell’Albo d’Oro dei Caduti: n. 8

Caduti nati a Guastalla

Per conoscere la storia degli ospedali militari a Guastalla e relative testimonianze, rimando all’articolo “il professor Pelicelli e gli Ospedali militari a Guastalla

Le foto di Crema Luigi e Fernando, Cani Andrea, Carlini Armando, Alberini Italo, Bonelli Nestore, Bedogni Oreste, Ferrari Riccardo, Battini Enrico, Pascal Macca Mario, Manfredi Nino, Sessi Luigi, Magnani Gino, Sabattini Callisto, Villani Primo, Zanichelli Antonio, Zanichelli Amilcare provengono dall’Archivio Fotografico della Biblioteca Maldotti di Guastalla. La foto di Manzini Guido e Tosi Dante provengono dal sito Istoreco-Albi della Memoria di Reggio Emilia

Foto dei Monumenti ai Caduti delle frazioni di Guastalla: S.Martino, S.Rocco e S.Girolamo

Il soldato Melina

8 Gennaio 2016…

Questa storia, come tante altre, è cominciata per caso, con un contatto via mail… Una gentile signora mi ha contattato offrendo il suo contributo nel segnalare la presenza di lapidi-ossario nel Cimitero Comunale di Rovigo. I militari italiani ivi sepolti sono 587, mentre 215 sono i militari dell’esercito austro-ungarico; l’ossario versa in condizioni pietose, umidità, calcinacci e quant’altro fanno da padrone, per non parlare dei nomi quasi illeggibili o di lapidi posizionate al contrario:

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La signora Laura poi mi ha raccontato una storia davvero particolare, che mi ha colpito, tanto da raccontarla anche a voi, per condividerla, con la speranza che qualcuno possa dare un contributo per scoprire la vera storia del

soldato Melina

In una casa a Fratta polesine (Rovigo), probabilmente durante la Prima Guerra Mondiale, fu dipinto un ritratto sul muro del solaio: un ritratto firmato “soldato Melina” che rappresenta un militare:

La giubba con il colletto alto e mostrine altrettanto alte con finale a punta sono tipiche delle giubbe modello 1909. Le giubbe con il colletto in piedi sono rimaste in uso sino al 1933, dopo avevano il bavero aperto quindi da escludere la Seconda Guerra Mondiale. Le controspalline però le avevano solo gli ufficiali, non i fanti.
Il look complessivo è comunque di inizio ‘900 e perfettamente compatibile con la Grande Guerra.
Non esistevano mostrine a tre colori orizzontali, solo due, quindi la parte chiara centrale potrebbe interpretarsi come una riga sottile entro un campo più scuro. Avevano riga bianca centrale le seguenti Brigate di Fanteria: 53°-54° Umbria su campo verde, 55°-56° Marche su campo azzurro, 77°-78° Toscana su campo rosso e 91°-92° Basilicata su campo cremisi.

Ringrazio l’amico Bruno Chionetti per la dettagliata analisi

Chi era il soldato Melina?Era il soggetto del ritratto?O solo l’autore che volle ritrarre un suo ufficiale?E che cosa ci faceva in quella casa durante la Prima Guerra Mondiale (è già stato escluso che fosse uno dei proprietari della casa)?Le ipotesi sono tante: la casa poteva essere stata adibita ad ospedale da campo (a Fratta Polesine ve n’erano 4), oppure un piccolo comando militare..

Chissà se un giorno si riuscirà a scoprire qualcosa di più…Intanto affido la fine del racconto di questa storia a chi ha vissuto il ritrovamento e a chi ha reso possibile scoprire, almeno in parte, un piccolo pezzo di storia:

di Laura Ferracioli

“Da tempo desideravo esplorare quella che era stata la casa di mia mamma a Fratta Polesine, dove da bambina andavo a visitare il nonno, gli zii e i cugini.
Dico “esplorare” per la sua grandezza, perchè non avevo mai visto tutte le stanze e per l’aria di mistero che hanno tutti gli edifici con una storia.

L’occasione l’ho avuta qualche anno fa, durante una visita a mia zia, che mi ha aperto tutte le porte e fatto salire tutti i gradini, su fino in soffitta. Tra le tante sorprese, quel giorno, la più commovente e inaspettata è stato un disegno sul muro di una delle stanze della soffitta. Un ritratto di un soldato: il “Soldato Melina” c’era scritto sotto, con una grafia infantile. Per come si presentava pensavo che l’avesse fatto una mie cugine, molto portata fin da piccola per l’arte. Niente mi faceva supporre che, così nitido e pulito, fosse più vecchio. E invece…

Zia e cugine mi hanno detto che era sempre stato lì, da quando ci abitavano.
Salvato, probabilmente proprio da quella posizione umile e discreta, dal tempo, dai giochi dei bimbi, dalla luce delle piccole finestre, dagli imbianchini. Un ritratto rifugiato in soffitta.

Ho pensato si trattasse di uno dei tanti soldati che durante la Seconda Guerra Mondiale erano entrati e usciti da Fratta, e al ritorno ho chiesto a mia mamma. Con la famiglia si era trasferita in paese, dalla campagna, verso la fine della guerra. Ma mi ha risposto la stessa cosa: il soldato Melina era già lì.

Prima Guerra Mondale! Avrei dovuto capirlo: i baffoni, la riga in mezzo, i capelli ondulati… non aveva certo l’aspetto di un soldato della Seconda.
Chi era il Soldato Melina? Perchè quel disegno?
Forse si era fatto ritrarre per lasciare un segno, per paura di morire…
O forse “Soldato Melina” era la firma di chi aveva fatto il ritratto? Comunque il segno di un passaggio.

E’ tornato a casa il Soldato Melina?
Il suo ritratto è restato lì, a Fratta Polesine, sul muro di una soffitta. Pensare che la memoria di quel gesto, di quel momento, è ancora lì, in una forma tangibile, dopo quasi cento anni in cui avrebbe potuto essere cancellato mille volte, mi emoziona come una poesia. L’avresti immaginato, Soldato Melina? Buonanotte a te”.

Il Milite Ignoto ed il dopoguerra storico

MILITE IGNOTO:

Dedicata a TUTTI i Militi Ignoti caduti per la Patria
Autore Anonimo

Un altare c’è a Roma, oggi ho saputo,
più bello di qualunque altar veduto,
e, dentro, come in ricco cimitero
accolta v’è la salma di un guerriero.

Tutti vanno a trovarlo, gli offron fiori,
gli alzan fervide preci tutti i cuori,
ogni degno italiano è a lui devoto,
il suo nome, soltanto, è ancora ignoto.

Ma il Signor m’hanno detto che sa tutto
l’ha rivelato a molte madri in lutto
e in cerca ancor, con l’animo sospeso
di un morto, che la guerra non ha reso.

Or tutte sanno ove cercar si deve,
l’Altare della Patria le riceve.

Chine sui marmi s’odono a pregare:
O tu che dormi dentro questo altare,
sei tu, quello ch’io cerco, il figliol mio?”
La risposta vien pronta: “Sì, son io,
la morte m’ha strappato dal tuo cuore,
ma vedi mamma, adesso, quanto amore!
La morte di me ha spento ogni memoria,
ma vedi mamma, adesso, quanta gloria!”

Si levan le madri consolate,
dal lungo sacrificio, al fin premiate.
Ognuna l’ha sentito petto a petto,
l’ha ravvisato in volto, il suo diletto.
Or nessuna più teme di smarrirlo,
or che la Patria veglia a custodirlo”

Ringrazio tanto il Signor Magnis che mi ha gentilmente “trovato” questa bella poesia, e la Signora Monzani, che con la sua memoria storica, l’ha interpretata e “riportata alla luce”.

Vagone che trasportò la salma del Milite Ignoto

29 Ottobre 1921: al termine della Grande Guerra, si decise di onorare i soldati caduti per la Patria, rimasti senza nome. la Salma del Milite Ignoto, venne caricata sul treno con vagone allestito appositamente. Il treno, con militari che custodivano il feretro, partì dalla stazione di Aquileia, e percorse il lungo viaggio che lo porterà a Roma (2 Novembre). Questa foto-cartolina sembra sia stata scattata di notte; probabilmente è la notte tra 1-2 Novembre, quando il treno fece la sosta notturna presso Portonaccio, alla periferia di Roma.

Nel pomeriggio (28 Ottobre n.d.r.), il feretro posto sopra l’affusto di un cannone fu trasportato da un nucleo di prodi e da uno stuolo di rappresentanze sul vagone che già qualche ora prima era giunto carico di fiori da Trieste sul binario che scorre a pochi metri dalla Basilica (Aquileia n.d.r.). […] Il tetto era sorretto da quattro colonnette terminanti in faci. Sul tetto era adagiata una stele raffigurante la croce di guerra cinta da una corona di palme. Il cielo interno era stellato. Alla base delle colonnette si intrecciavano fucili e si apriva una pergamena con la semplice iscrizione in caratteri romani delle date 1915 e 1918…”

Fonte: libro “Il Milite Ignoto”, di Otello Cavara, Edizioni “Alpes” Milano, 1922

Funerali del Milite Ignoto. Via Nazionale, Roma, 4 Novembre 1921

Roma, 4 Novembre 1921. Dopo la prima Guerra Mondiale, si decise di onorare i soldati caduti per la Patria, rimasti senza nome. Fu celebrato un funerale simbolico, che si concluse con la tumulazione della salma nel complesso del Vittoriano. La tomba “esterna”, sull’Altare della Patria, riporta la seguente epigrafe :”Ignoto Militi. MCMXV-MCMXVIII“. Sul sacrario interno nella cripta: “Soldato Ignoto. Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruenti battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria. XXIV Maggio MCMXV-IV Novembre MCMXVIII”.

4 Novembre 1921. Cerimonia di deposizione della bara del Milite Ignoto al Vittoriano. Si nota la presenza ufficiale della famiglia reale e di autorità civili e militari.

Particolare della foto precedente

Particolare Foto. Partendo da sinistra (tra gli ufficiali che scendono le scale): il 4° è il Duca d’Aosta, il 5° il generale Diaz. Il re Vittorio Emanuele III fa il saluto militare.

“E’ concessa alla memoria del Soldato Italiano che per la Patria pone sul proprio Altare a glorificazione delle gesta compiute dal popolo in armi, la Medaglia d’Oro al Valor Militare colla seguente motivazione:

Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria. Motu Proprio Sovrano, 24 maggio 1915 – 4 novembre 1918”.

Sarcofago Milite Ignoto

IL DOPOGUERRA STORICO:

“Trento – Fossa del Castello – Le tre urne indicano il luogo ove vennero giustiziati i Martiri Trentini”

Sul retro della foto compare la didascalia :”Durante la paga alla truppa”.

Foto sopra: probabile campagna d’Africa 1935-1936.

Visita dei Sovrani d’Italia a S.S. Pio XI, 7 Dicembre 1929

Visita dei Sovrani d’Italia a S.S. Pio XI, 7 Dicembre 1929, Palazzi Vaticani.

Visita dei Sovrani d’Italia a S.S. Pio XI

Roma, 17 Dicembre 1929. La visita di Vittorio Emanuele III e Elena di Savoia in Vaticano e al Santissimo Padre Pio XI, per “ufficializzare” i Patti Lateranensi del Febbraio dello stesso anno.

Firma del Trattato di Conciliazione tra la Santa Sede e il Governo Italiano, 1929

Roma, 11 Febbraio 1929. La firma degli accordi tra la Santa Sede ed il Governo Italiano, avvenne in San Giovanni in Laterano (dal luogo dell’incontro presero il nome “Patti Lateranensi”). L’accordo avvenne tra il Cardinale Pietro Gasparri (per la Santa Sede) e l’allora Primo Ministro Italiano, Benito Mussolini. Uno dei punti fondamentali di questo trattato, fu il riconoscimento alla Santa Sede la “piena proprietà, podestà e giurisdizione sul Vaticano”, venne cioè riconosciuta, da parte dello Stato Italiano, l’indipendenza e piena sovranità alla Santa Sede, dando così vita allo Stato della Città del Vaticano. Nella foto in piedi, primo da sinistra Monsignor Pizzardo Giuseppe, secondo da sinistra il Cardinale Borgoncini Duca (sottosegretario degli Affari Ecclesiastici), a seguire seduto (poco riconoscibile a causa della macchia sulla foto) il Cardinale Gasparri Pietro.

Visita di S.S. Pio XI al Laterano. Foto G.Felici Roma

Inaugurazione Congresso Eucaristico

Genova, 5-9 Settembre 1923, Chiesa di S.Lorenzo. Inaugurazione  del VII Congresso Eucaristico.

S.E. Cardinale Di Lai

Genova, 5-9 Settembre 1923. Il Cardinale Di Lai all’inaugurazione del VII Congresso Eucaristico.

Palazzo Thun, Trento. Clicca sull’immagine per entrare nella sezione “Ieri & Oggi”

Trento, Maggio 1925. Conferimento della cittadinanza onoraria all’onorevole Carlo Delcroix (uno tra i fondatori dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra). Congresso Trentino dei Mutilati di Guerra. Palazzo Thun in Via Belenzani.

Regina Margherita di Savoia

24 Maggio 1925, Rovereto. Inaugurazione della Campana ai Caduti della Grande Guerra. Palazzo Del Ben, Piazza Rosmini, Rovereto. La Regina Madre Margherita di Savoia con Carlo Del Croix.

La Campana battezzata “Maria Dolens”

24 Maggio 1925, Rovereto. Il vescovo Monsignor Celestino Endrici benedice e consacra la Campana dei Caduti. Piazza Rosmini, Rovereto.

(tutte le immagini di questa sezione sono di proprietà della curatrice del sito)

A volte capita…

In questa stanza vorrei raccontarvi alcuni episodi che mi sono capitati in anni di ricerche sulla Prima Guerra Mondiale; apparentemente sembrerebbero episodi capitati per pura casualità o coincidenza, ma in realtà credo siano capitati con scopi ben precisi…un filo invisibile che collega il passato al presente…

Le Famiglie Morandi

7 Gennaio 2016

Quando Marco mi contattò per la prima volta, dopo un veloce scambio di presentazioni, mi chiese se ci fosse la possibilità di raccontare e pubblicare la storia del Capitano Umberto Sbacchi (parente di sua moglie); naturalmente accettai subito, dato che il mio sito è nato proprio con lo scopo di condividere e raccontare le testimonianze e le storie di chi ha vissuto la Prima Guerra Mondiale. Mai però mi sarei aspettata di essere testimone, insieme a Marco, di una coincidenza incredibile, anche se ritengo che coincidenza non sia la parola esatta; testimone cioè di uno di quei casi in cui capisci che i protagonisti di queste storie hanno fatto di tutto per richiamare la nostra attenzione, la mia e quella di Marco, perchè siamo le uniche due persone che avrebbero potuto capire e raccontare ciò che volevano comunicarci.
Dopo la lettura della biografia del Capitano Sbacchi, ho provveduto a pubblicarla in una pagina apposita del sito, apprezzandola particolarmente sia come testimonianza, sia per il fatto che il Capitano era legato per vari aspetti a Modena (e tutto ciò che riguarda l’Emilia mi è particolarmente caro): frequentò l’accademia militare di Modena e sposò una ragazza (Morandi Beatrice Jole) che era già vedova di un ufficiale morto in guerra. Leggendo più approfonditamente la storia della famiglia di Beatrice, dimorante ad Ameglia (La Spezia), ho cominciato ad accorgermi di alcuni particolari, di alcune coincidenze con un’altra Famiglia Morandi di cui io stavo facendo ricerche, e cioè i coniugi Morandi di Modena che persero 3 figli in guerra. Ne ho parlato subito con Marco, ma entrambi, dopo una veloce analisi, ne convenimmo che si trattasse di pura fatalità e non ne parlammo più. Tempo dopo, continuando la mia ricerca sui 3 fratelli Morandi caduti in guerra, notai altre coincidenze con la famiglia di Beatrice moglie del capitano Sbacchi: a questo punto io e Marco ci convincemmo che sarebbe valsa la pena approfondire la questione, e così facemmo. Scoprimmo, con nostra grande sorpresa ed emozione, che non era più questione di semplici concomitanze di fattori: le nostre due ricerche erano collegate e non era il caso ad aver fatto conoscere me e Marco, ma i protagonisti di queste storie che volevano che venissero raccontate!
Spesso, ricercando il passato, ti accorgi che qualcuno ti sta guidando, qualcuno che non vuole che si dimentichi….

Nella storia del capitano Sbacchi, vi è un documento che testimonia la situazione della Famiglia Morandi di La Spezia, in particolare lo stato di famiglia di Roberto Morandi, suocero dello Sbacchi.
In questo documento Roberto Morandi specifica come era composta la sua famiglia; leggendo quelle righe mi colpì subito un dato anagrafico del capostipite Roberto, cioè il nome del padre: Pio.

Contemporaneamente al ricevimento dei documenti del Capitano Sbacchi, io stavo svolgento ricerche su una Famiglia modenese che perse 3 figli in guerra, anch’essi di cognome Morandi: uno dei 3 fratelli si chiamava proprio Pio. La cosa mi fece suonare un campanello in testa (si sa che in passato vi era la tradizione di chiamare i discendenti con nomi di avi), ma abbandonai quel pensiero poiché in primis il cognome Morandi è molto diffuso, poi le due famiglie Morandi in questione abitavano in paesi diversi (La Spezia e Modena), per cui la possibilità che vi fossero parentele erano improbabili.
Poi, un giorno, venni a conoscenza di un altro dato anagrafico dei 3 fratelli Morandi modenesi morti in guerra: la loro nonna si chiamava Beatrice. E un altro campanello mi suonò in testa: il Capitano Sbacchi infatti aveva sposato una figlia di Roberto Morandi: Beatrice Jole. Un altro nome che compariva in entrambe le Famiglie Morandi. A questo punto non ignorai più “il campanello” e informai Marco della cosa: anche lui convenne che la situazione era particolare e approfondimmo le ricerche…
Con l’acquisizione di ulteriori documenti potemmo insieme gioire nel constatare che non solo le due Famiglie Morandi erano collegate, ma che erano anche strettamente imparentate!
I 3 fratelli Morandi morti in guerra erano primi cugini con la Beatrice Jole, moglie del Capitano Sbacchi!
Ecco l’albero genealogico delle 2 Famiglie Morandi di Modena e Ameglia:

Albero Genealogico Famiglie Morandi

Da notare, oltre la parentela, l’affinità “militare” delle due famiglie: 9 membri furono decorati al Valor Militare (5 d’Argento e 4 di Bronzo), 4 membri morirono in guerra e 2 rimasero invalidi.

Per un maggior approfondimento della storia delle Famiglie Morandi rimando alle pagine del sito:

Ringrazio di cuore Marco per aver condiviso questa avventura e per avermi aiutato nelle ricerche!

Il mio bis-nonno: Pietri Amedeo

25 Febbraio 2015

Ho sempre avuto il dubbio/sospetto che, dopo la morte del mio bis-nonno, i parenti che abitarono nella sua casa a Guastalla, non si curarono più di tanto delle sue cose, soprattutto foto, lettere e materiale militare…Vi era, ad esempio, il grande baule, in cui Amedeo aveva riposto tutti i suoi ricordi, compresa l’uniforme e il resto della buffetteria…

Complice l’andirivieni di qualche affittuario, lo svuotamento del solaio e l’incuria del parentado, si sono persi la maggior parte di ricordi del mio bis-nonno…
Non si sa come si siano “salvati”, ma dal solaio ho potuto recuperare il suo cappello, qualcosina di buffetteria, granparte del medagliere e il suo album di foto al fronte (vedere sezioni apposite: per le foto: qui, per la buffetteria: qui).

Non ho mai smesso di cercare nei mercatini, con la speranza di trovare qualcosa appartenente a lui…Domenica appena passata (24 Febbraio 2013), un mio amico mi dice che ha trovato in una piccola fiera una cosa per me….non ci potevo credere…Aveva trovato un quadretto incorniciato del mio bis-nonno!!!!L’emozione è stata enorme!!!Le probabilità di trovare ancora qualcosa di Amedeo erano bassissime!!!E pensare che io ero stata alla stessa fiera il giorno prima e non l’avevo notato!!!

Mi vengono ancora le lacrime a pensare di averlo trovato, ma soprattutto a pensare che il mio bis-nonno Amedeo…

è tornato a casa!!!

Silvia, 26 Febbraio 2013

Gli Ospedali Militari a Guastalla ed il prof. Pelicelli Ernesto

14 Aprile 2014
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di Musi Silvia

 

A Guastalla, fonti contrastanti, parlano di un solo Ospedale Militare, durante la Grande Guerra; in realtà ci furono ben due strutture ospedaliere in opera durante il conflitto. La prima ricavata all’interno dell’allora Seminario Vescovile, la seconda ricavata all’interno del già esistente Ospedale Civile (ubicato in Piazza del Littorio, ora Piazza Matteotti).

Facciata laterale dell’ex-Ospedale Civile di Guastalla, ingresso camera mortuaria. Archivio privato Carlo Dallasta che ringrazio per la concessione

 

Ospedale Civile S.Carlo. L’Ospedale Civile di Guastalla (prima Convento delle monache Agostiniane di S.Carlo) venne inaugurato ufficialmente il 5 Luglio 1812 e terminò la sua attività negli anni ’70 (l’Ospedale, sino al 1939, fu gestito dalla locale Congregazione di Carità, decreto del Vicerè d’Italia Eugenio Napoleone, in data Settembre 1807). Durante la Prima Guerra Mondiale non venne trasformato in Ospedale Militare, ma venne adibito un intero padiglione a tale scopo, inizialmente dedicato a reparto di isolamento:

Delibera Comunale di Guastalla del 18 Dicembre 1911, di assumere a carico delle finanze comunali la spesa occorrente per costruire ed arredare un reparto di isolamento nell’Ospedale Civile secondo i piani e la relazione compilata dal sig. prof. Ernesto Pelicelli. Presidente del consiglio comunale Adelmo Sichel”.

(Archivio di Stato di Reggio, Sottoprefettura di Guastalla, busta n.238)

 

Il padiglione Militare, annesso all’Ospedale Civile, rimase in piena attività sino al termine della guerra:

Dei 176 ricoverati, 143 erano feriti o chirurgici, 33 ammalati. Fra i primi 143 si avevano:

  • 109 feriti d’arma da fuoco
  • 5 affetti da contusione e distorsione
  • 19 chirurgici con lesioni varie
  • 8 congelati

Fra i 33 ammalati predominarono le malattie dell’apparato respiratorio (11 casi) e di locomozione (10 casi). I morti in tutto furono 5“.

(“La mia opera di chirurgo militare durante la nostra guerra”, dott.prof. Ernesto Pelicelli, Tipografia già cooperativa Parmense, 1924)

[…] Anche nell’annesso nostro Padiglione Militare nè lieve nè privo di interesse fu il lavoro chirurgico: oltre le numerose quotidiane medicazioni si eseguirono craniotomie, amputazioni, resezioni, plastiche cutanee ed ossee, trapianti ossei, con esito brillante. Si estrassero proiettili, si curarono ferite fratture gravi degli arti, congelazioni di vario grado, si applicarono protesi. Di tutto questo lavoro silenzioso, disinteressato, volontario, eseguito spesso nelle ore piccine della notte […].

(Prof. Ernesto Pelicelli: Il Triennio 1914-1916. Relazione Statistica Sanitaria, Ospedale Civile di Guastalla)

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Ecco come era strutturato il personale dell’Ospedale civile e militare di Guastalla e delle Opere Pie durante la Prima Guerra Mondiale:

  • dott. Rocchi Ottaviano (medico chirurgo)
  • prof. Pelicelli Ernesto
  • dott. Bonfanti Giovanni, nato a Novellara, laureatosi a Bologna nel 1911
  • dott. Bottesini Giuliano (classe 1871, medico chirurgo), nato a Mantova, laureatosi a Bologna nel 1896
  • dott. Scaravelli Carlo (medico chirurgo, direttore poliambulanza)
  • dott. Capitano Plancher Enrico
  • dott. Capitano Barbieri Bernardo, direttore Osp. Militare Guastalla a gennaio 1917
  • dott. Hotz Icilio (medico condotto)
  • dott. Cotta Ramusino Gianni (sostituì il dott. Bonfanti chiamato al servizio militare il 16/02/1917)
  • 1° infermiere laico: Grazioli Pericle
  • 2° infermiere laico: Setti Giuseppe
  • infermiere Frigni Archinto (solo nel 1916)
  • infermiera e guattera: Alberini Gaetana
  • guattera: Guastalla Guglielma
  • presidentessa Dame infermiere: Tovagliari Anna (dal 1° marzo 1917 entrano in servizio all’ospedale militare di Guastalla anche le donne infermiere per i militari)
  • presidente Opere Pie Guastalla: Adelmo Sichel (dai primi anni del 1916)
  • segretario Opere Pie Guastalla: Adelmo Coppini
  • Canonico Oreste Allai, cappellano ospedale civile di Guastalla
  • Don Bossi Ausonio, cappellano dell’ospedale dal 1° gennaio al 21 maggio 1917
  • Don Mora Emidio
  • Cappellano Soliani Luigi
  • Suore di S.Anna: superiora con 4 suore
  • becchino: Benatti Guglielmo
  • becchino: Righini Lorenzo
  • portiere: Bo Giuseppe

Grazie alla documentazione dell’ospedale conservata presso la Biblioteca Maldotti, ho potuto ricostruire l’elenco dei militari che furono ricoverati in questo ospedale dal 1915 al 1918:

Militari ricoverati Ospedale di Guastalla 1915-1918

 

Ospedale da Campo Seminario di Guastalla. I primi accenni all’organizzazione di questa struttura si hanno nel Settembre 1915. Un articolo di giornale, datato 25 Settembre 1915, informa la cittadinanza di un nuovo arrivo di feriti militari, da qui l’esigenza di adeguare una struttura apposita:

Vengono i feriti. E’ definitivamente stabilito che nel nostro Seminario verranno soldati feriti. Il Colonnello Astengo, il Capitano dott. Mori, il Tenente ing. Cucchi hanno visitato il Seminario e dato disposizioni circa gli adattamenti, l’illuminazione e il riscaldamento, pregando il Comitato di P.A. a fare approntare ogni cosa colla massima sollecitudine perchè entro il 10 del mese di Ottobre i feriti dovranno essere alloggiati. Nel lavoro febbrile che si è cominciato per l’adattamento dei locali, e per l’arredamento, è di grande conforto il poter porre mano agli aiuti chiesti ed ottenuti dalla cittadinanza. Ma grande è il bisogno, grandissimi anzi, come ognuno può facilmente comprendere trattandosi di allestire un ospedale. […] 25 Settembre 1915”.

(“Il Popolo – corriere guastallese”. Biblioteca Maldotti Guastalla)

 La prima ambulanza del 1915-1918 a Guastalla nel cortile dell’ex Seminario, portone da via Cesarea. Foto tratta dal libro “Emozioni Padane”, vol. n.2, Banca di Credito Cooperativo di Guastalla, 1996

 
La conferma della presenza di questo Ospedale Militare sito nell’ex-Seminario guastallese, proviene anche dagli atti di morte di alcuni militari: viene infatti specificato “morto in Piazza Servi“.
 

Il prof. Ernesto Pelicelli, medico chirurgo e direttore dell’ospedale dal 1908 a Guastalla, descrive dettagliatamente la nascita e l’evoluzione delle strutture militari di ricovero:

 

Scoppiata la guerra coll’Austria l’on. Amministrazione ospitaliera, su mia proposta, mise a disposizione dell’Autorità Sanitaria Militare pei feriti di guerra, il nuovo padiglione (nell’Ospedale Civile, n.d.t.) destinato alle malattie infettive in quei giorni condotto a termine; ma non ancora inaugurato: non credetti opportuno allora consigliare alla stessa Amministrazione l’abbinamento dell’esercizio, nello stesso Istituto, di un grande Ospedale per feriti di guerra […] con quello del nostro Ospedale Civile, perchè ritenevo che il suo importante lavoro non dovesse, né potesse essere paralizzato o turbato, specialmente in un momento in cui, per il periodo eccezionale che si attraversava e per il richiamo in servizio militare di vari medici condotti di Guastalla e dei Comuni viciniori, inevitabilmente si sarebbe fatto sentire maggiore il bisogno di una buona assistenza ospitaliera pei civili. Fu mia cura peraltro, come membro del Comitato Generale di Assistenza civile di Guastalla, di organizzare ed allestire sollecitamente a latere del nostro, un Ospedale Militare, inizialmente di 100 letti, nei bei locali del Seminario cittadino, messo subito a nostra completa disposizione, dall’Autorità ecclesiastica di quel tempo. […] efficacemente coadiuvato dalla Sig.na Nina Grisanti, levatrice addetta al nostro ospedale e dal RR. Canonico Don Bonezzi del Seminario, ad impiantare ed arredare in modo quasi completo quell’Ospedale, ho riferito a suo tempo in una dettagliata relazione…[…] Il 1° Novembre 1915, mentre il Padiglione Militare dell’Ospedale Civile accoglieva i primi feriti inviati, io stesso potevo consegnare al Tenente Colonnello Astengo, direttore dell’Ospedale Militare di Reggio Emilia, un ospedale da 100 letti, che assumeva il nome di «Ospedale militare Seminario». Al funzionamento di questo padiglione provvide l’Autorità Sanitaria militare con personale proprio, coadiuvato efficacemente da un gruppo volenteroso di Dame infermiere di Guastalla. La cura invece dei militari accolti nel Padiglione militare dell’Ospedale Civile, destinato ai feriti più gravi, l’assunse, coll’autorizzazione dell’autorità militare, il sottoscritto, […] naturalmente coadiuvato dall’assistente ordinario dell’ospedale, Dottore Giuliano Bottesini. Il nostro padiglione militare cominciò a funzionare, come si disse, il 1° Novembre e fu chiuso il 31 Dicembre 1917. In tutto furono ricoverati 176 militari”.

(“La mia opera di chirurgo militare durante la nostra guerra”, dott.prof. Ernesto Pelicelli, Tipografia già cooperativa Parmense, 1924)

 

A Guastalla, in aggiunta alle strutture ospedaliere, si crearono Comitati di Assistenza e Comitati di Carità per le famiglie dei militari, per i militari al fronte e per gli orfani di guerra; per questi ultimi soprattutto, con decreto luogotenenziale 06/08/1916, fu eretto un ente morale “Opera Nazionale per gli orfani dei contadini caduti in guerra”, con sottosezioni nei principali Comuni della provincia reggiana:

Regia Prefettura di Reggio Emilia. Ai Signori Sindaci della Provincia e per conoscenza a Signor sotto-prefetto di Guastalla:

Per la relativa osservanza, trasmetto un esemplare della Circolare 18 Novembre 1916, n.26700 -6 -del Ministero dell’Interno, con la quale si dispone che, presso ogni Ufficio Comunale, sia costituito uno speciale schedario degli orfani di guerra ed assimilati, diviso in tre categorie:

  • orfani di genitore morto in dipendenza dello stato di guerra.
  • Figli degli invalidi della guerra
  • figli dei militari dichiarati dispersi

E che siano inoltre compilate apposite schede di famiglia e individuali. Attendo al più presto possibile i dupli delle dette schede, che debbono essere comunicate al Comitato Provinciale.

Le risposte dei Comuni reggiani, tramite telegramma:

  • Comune di Novellara, 19 Ottobre 1916: “Gli orfani dei contadini caduti in guerra sono 32. stop. Gli orfani hanno però tutti la madre. Sindaco Gorrieri”.
  • Comune di Luzzara, 20 Ottobre 1916: “Risposta annotazione fatta margine lettera corrente 2736 pervenuta ore 17 oggi avvisasi essere 17 numero orfani contadini risultati morti guerra tutto giorno otto corrente, solo 6 appartengono famiglie contadini possidenti. Sindaco Dallasta”.
  • Comune di Poviglio, 21 Ottobre 1916: “Riscontro odierno Circolare informo che orfani contadini caduti in guerra questo Comune sono 21. Sindaco Cantarelle”.
  • Comune di Fabbrico, 21 Ottobre 1916: “Pregiomi comunicare Vossignoria Illma che orfani contadini morti in guerra residenti questo comune ammontano a 14. Sindaco Bellesia”.
  • Comune di Boretto, 21 Ottobre 1916: “Riscontro circolare urgentissima numero 2136 qui stamane pervenuta, significo che orfani contadini caduti in guerra sono presentemente 3. Sindaco Molesini.
  • Comune di Guastalla, 21 Ottobre 1916: “Lettera orfani guerra in data 17 corrente numero 2136 pervenuta questa sera ore 17.30. Il numero degli orfani contadini morti in guerra è ad oggi di numero 10 in questo comune. Sindaco Macca”.
  • Comune di Gualtieri, 25 Ottobre 1916: “Orfani contadini caduti grandezza patria appartenenti questo comune ascendono a 21 tanto giusta lettera 17 Ottobre volgente 273. Sindaco Mazzoli”.

Prof. Ernesto Pelicelli, medico chirurgo (1875-1963)

Scrivere una breve biografia del professor Pelicelli è come raccontare una piccola parte di storia guastallese, avendo vissuto molti anni in questa cittadina, ma soprattutto è una testimonianza fondamentale della Prima Guerra Mondiale, grazie alla sua opera di chirurgo militare ed ai suoi scritti medici, che testimoniano l’orrore della guerra.

Il prof. Pelicelli, figlio di Pietro, nacque a Parma il 15 Giugno 1875. Si sposò con la Ferrarini Teresa (1876-1965), da cui ebbe due figli, nati anch’essi a Parma: Renato, nato nel 1907, morto giovanissimo a 20 anni e Mario, il primogenito, nato nel 1903.

Fu nominato Consigliere provinciale di Sanità di Reggio Emilia già nel trienno 1913-1915; tale Consiglio di Sanità di Reggio Emilia era così composto:

 
  • Mattei dott. Vittorio, medico chirurgo (di Reggio?)
  • Guicciardi dott. Giuseppe, medico chirurgo (direttore dell’Istituto psichiatrico S.Lazzaro di Reggio Emilia)
  • Pelicelli prof.dott. Ernesto, medico chirurgo
  • Venturi dott. Gian Antonio, chimico
  • Bergonzi avv. Carlo, giureconsulto
  • Valli dott. Italo, farmacista
  • Bonini dott. Michele, veterinario
  • Cugnini prof.dott. Antonio, veterinario
  • Montasini ing. Silvio, ingegnere
  • Canossi avv. Carlo, esperto in scienze amministrative
  • Succi prof. Antonio, esperto in scienze agrarie

(Gazzetta Ufficiale, 6 Febbraio 1913)

 

Il professore fece una notevole carriera in ambito medico: nel 1907-1908 era direttore dell’Ospedale di Poviglio e dal 1909 divenne Chirurgo Primario Direttore dell’Ospedale Civile di Guastalla.

Durante la Prima Guerra Mondiale operò, come chirurgo, in vari ospedali militari, nella maggior parte dei casi in veste di primario reparto chirurgia:

 
  • Ospedale Territoriale n.30 della Croce Rossa a Parma (periodo di permanenza 16 Giugno – 31 Ottobre 1915)
  • Ospedale Contumaciale Seminario di Parma, reparto chirurgico (periodo di permanenza 31 Ottobre – 30 Dicembre 1915)
  • Ospedale Contumaciale Maria Luigia di Parma (periodo di permanenza 19 Aprile – 31 Maggio 1916)
  • Ospedale Militare Pietro Cocconi di Parma (periodo di permanenza Giugno 1916 – Giugno 1918)
  • Ospedale Civile Padiglione Militare di Guastalla (periodo di permanenza 1° Novembre 1915 – 31 Dicembre 1917)
  • Centro Fisoterapico di Parma (periodo di permanenza 1° Febbraio – 30 Aprile 1918)
  • Ospedali Militari di Borgo San Donnino (periodo di permanenza 16 Luglio 1915 – 30 Marzo 1919)
  • Ospedale da Campo n.129 dell’VIII Armata (periodo di permanenza Ottobre – Novembre 1918) a Castelfranco Veneto

Terminata la guerra fu sostenitore delle proprietà curative dell’Elioterapia, tanto che fu uno dei promotori della nascita delle Colonie Elioterapiche di Guastalla, presso il Lido Po; nel 1936 lo troviamo Podestà di Guastalla (nominato commissario prefettizio il 23/04/1932 dopo le dimissioni del Podestà Savi; probabilmente rimase in carica sino al 1937, quando lo sostituì Armando Della Valle); nel 1946 era libero docente dell’università di Parma, specialista in Chirurgia Generale, Ostetricia e Ginecologia ed infine Direttore Sanitario del reparto termale Porro di Salsomaggiore. Morì a Parma l’8 Gennaio 1963 a 88 anni.

Nel 1925 scrisse un libro, La mia opera di chirurgo militare durante la nostra guerra”, una relazione dettagliata sul suo operato durante la Grande Guerra e sulla sua esperienza negli ospedali militari. Nel libro vi sono spiegati anche molti casi di soldati che ha avuto in cura: dal congelamento ai piedi, alle ferite da artiglieria o da fucile, ai casi di menomazioni fisiche….Vi sono anche testimonianze di come un soldato ferito, velocemente medicato in zona di guerra, arrivava in ospedali specializzati ormai compromesso, tale da renderlo invalido permanentemente…Situazioni veramente “strazianti”, con un corredo fotografico che fa trapelare tutto l’orrore della guerra.

 

Ho deciso di inserire qualche caso,  come testimonianza diretta della guerra, a cui seguirà qualche foto di forte impatto emotivo. Questa decisione è stata presa col solo intento di rendere consapevoli dell’orrore e dolore che hanno subìto i militari. Consiglio la visione solo ad un pubblico adulto

 

Il viso, gli occhi di questi uomini….
per non dimenticare…

 Testimonianze soldati in cura dal prof.Pelicelli

Interno-infermeria dell’Ospedale Pietro Cocconi di Parma

Ex-prigionieri di guerra e Campi di Concentramento Italiani

5 Febbraio 2013
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I soldati italiani fatti prigionieri durante la Prima Guerra Mondiale che ebbero la fortuna di sopravvivere agli stenti, la fame e le malattie e quindi di rientrare in Patria, non poterono subito tornare alle proprie case a riabbracciare i propri cari; vennero infatti “concentrati” in campi appositi, distribuiti nelle retrovie delle linee italiane, per essere interrogati su quello che avevano vissuto (vi era persino, da parte dei vertici militari, il sospetto di “portatori di idee sovversive” e “diserzione”) e, in via precauzionale, per essere messi in una specie di quarantena per paura di trasmissioni di malattie infettive (ricordiamo, fra tutte, la terribile epidemia di spagnola).

Questi “Campi” in realtà nacquero ben prima della fine della guerra: dopo la disfatta di Caporetto infatti le autorità militari dovettero affrontare il riordino dell’esercito a causa del numero notevole di soldati che si riversarono nelle retrovie dopo i fatti tragici di Caporetto (a questi soldati venne affibbiato il nome di “sbandati di Caporetto”). Per il riordino furono creati campi di raccolta, soprattutto in Emilia, data la favorevole posizione geografica; tali centri di raccolta già esistenti nel 1917 furono quindi riutilizzati per gli ex-prigionieri di guerra nel 1918.

Una ricercata analisi, specifica all’Emilia Romagna, è desunta dal libro di Fabio Montella “1918 Prigionieri Italiani in Emilia” in cui si spiegano, passo per passo, le traversie dei prigionieri italiani rientrati in Patria, il clima politico del periodo, gli sviluppi sociali, ecc..

“Subito dopo la fine della Grande Guerra, 861 ex-prigionieri italiani morirono in Emilia Romagna in campi di concentramento […]. La causa dei loro decessi va fatta principalmente risalire alla grave epidemia influenzale che imperversò in quelle settimane con estrema virulenza, la cui diffusione fu certamente favorita dalle condizioni di promiscuità nelle quali vennero a trovarsi migliaia di uomini indeboliti, malnutriti, scarsamente assistiti e concentrati in luoghi freddi […]. Gli 861 militari deceduti facevano parte dei circa 270.000 ex-prigionieri di guerra italiani rientrati in patria dopo l’armistizio […]. In Emilia Romagna gli ex-prigionieri furono internati in tre grandi campi di concentramento, il cui comando principale si trovava a Mirandola (Modena), Castelfranco Emilia (allora sotto la giurisdizione di Bologna) e Gossolengo (Piacenza) (da questi campi dipendevano numerosi sotto-centri, tra cui Reggio Emilia, Carpi, Gonzaga, ecc.. n.d.r.) […]”. (*)

I militari raccolti in questi campi spesso girovagavano per i paesi, attraverso le campagne, disorientati, lontani da casa (o talvolta così vicino senza tuttavia avere il permesso di tornarci), in cerca di cibo e di vestiario, per ripararsi dal freddo. Spesso, purtroppo, venivano “scambiati” per malintenzionati, a causa del loro aspetto, vestiti di stracci e denutriti. Questi poveri reduci erano anche in cerca di risposte…Risposte alle numerose domande che qualsiasi uomo si sarebbe fatto in una situazione del genere, tra cui la più ovvia:”Perchè non posso tornare a casa se la guerra è finita?”. Ma le autorità militari avevano altre priorità:

Per diverse settimane i militari vissero in pessime condizioni, e soltanto a seguito delle denunce della stampa, delle pressioni di alcune personalità politiche e delle ripetute lamentele delle autorità locali, la loro sorte venne lentamente migliorando […]. Dopo anni di privazioni subite in guerra e in prigionia, i soldati e gli ufficiali che erano stati catturati andavano interrogati, al fine di accertare le cause della loro cattura e di sottoporli agli eventuali procedimenti penali. Questa necessità divenne prioritaria rispetto all’urgenza di curarli, sfamarli e rivestirli dopo anni di privazioni patite in guerra e nei campi di concentramento austro-tedeschi”.(*)

(*): fonte: libro “1918 prigionieri Italiani in Emilia” di Fabio Montella, edizioni Il Fiorino

Ecco il Manifesto in cui si proclamano le regolamentazioni dei prigionieri dopo l’armistizio:

Archivio storico Comunale di Correggio: riproduzione vietata

I rimpatriati provenienti dai campi di prigionia (via mare) vennero avviati nei campi di Bari e Ancona, mentre tutti gli altri (la maggioranza) nei campi emiliani e pugliesi con un campo intermedio a Como:

  • Emilia:
    Cento, Carpi, Castelfranco Emilia, Modena, Mirandola, Nonantola, Crevalcore, Vignola, Pavullo, Scandiano, Correggio, Guastalla, Gossolengo, Piacenza, Rivergaro, Parma, San Giovanni in Persiceto.
  • Puglia:
    Bari, Barletta, provincia di Foggia
  • Campi per soli ufficiali:
    Ancona, Bari, Falconara, Fano, Giulianova, Orbetello, Pesaro, Senigallia, Tarquinia, Trieste, Varese.
  • Campi minori:
    Andria, Crotone, Taranto, Gioia del Colle, Livorno, Taranto.

Nel particolare, ecco la struttura organizzativa dei campi di “riordino” in Emilia: Castelfranco Emilia (MO) per Fanteria, Mirandola (MO) per l’Artiglieria (a cui faceva riferimento anche Luzzara), Guastalla (RE) per il Genio, Copparo (FE) per il Carreggio e le Salmerie, Scandiano (RE) per i Bombardieri e Crevalcore (MO) per le Brigate di Marcia. Gli stessi campi che, dopo l’armistizio, saranno riutilizzati per l’arrivo dei migliaia di prigionieri italiani dai campi austro-tedeschi-ungheresi.

Tratto dal libro: “Piccola Patria Grande Guerra -la prima Guerra Mondiale a Reggio Emilia-” di Mirco Carattieri e Alberto Ferraboschi)

 

Nella realtà però i suddetti campi non furono ben organizzati o sufficientemente capienti ed i Comuni interessati si trovarono ben presto a dover gestire migliaia di ex-prigionieri arrivati all’improvviso…Si doveva provvedere alla loro sistemazione, per cui molti Comuni dovettero alloggiarli in locazioni a dir poco improvvisate: scuole, edifici abbandonati, casolari, ecc…

Ecco un esempio di come Guastalla, di competenza del Genio Militare, dovette affrontare, già dal 1917, notevoli difficoltà (di natura sanitaria e sociale) per il locale campo di raccolta creato per il riordino delle truppe “sbandate”; i cittadini infatti cercarono di aiutare questi soldati che improvvisamente si riversarono nelle campagne e nelle strade, con senso di carità, pensando magari che fra loro, da qualche parte, potesse esserci un loro compaesano, o familiare. Ma le autorità militari presero subito provvedimenti per proibire qualsiasi rapporto tra “sbandati” e cittadinanza, per evitare diffusioni di malattie, ma soprattutto perchè non si radicasse nei soldati la convinzione di disertare, facendosi nascondere dalla popolazione:

Regio Esercito Italiano
Comando del Campo per le Truppe del Genio

Noi Cav. Uff. Alfredo Giannuzzi-Savelli, Maggiore Generale Comandante delle truppe del Genio riunite nel Campo di Guastalla; Visto la Circolare del Comando Supremo Ufficio Ordinamento-Mobilitazione, n. 134800 R.S. In data 1 Novembre 1917, con la quale si concede al Comando del Campo piena giurisdizione sul territorio del Campo stesso per provvedere alle esigenze dell’ordine pubblico:
Presi Accordi con le Autorità politiche e Civili della giurisdizione

ORDINIAMO:

  • Art.1: nel territorio del Circondario di Guastalla è vietato a chiunque di somministrare vitto e alloggio ai militari di truppa dell’arma del Genio che si presentino isolatamente per ottenerlo.
  • Art.2: Non saranno ammessi al rimborso dall’amministrazione militare buoni di prelevamento per materiali, e vettovaglie di qualsiasi genere, dovendosi dai Comandi dei reparti di truppa procedere agli acquisti mediante pagamento diretto.
  • Art.3: i militari di cui all’art.1 saranno considerati come disertori e le persone che avranno loro somministrato vitto e alloggio verranno denunziate al Tribunale di Guerra pel reato di favoreggiamento di cui all’art. 225 del Codice Penale Comune.

Guastalla, 18 Novembre 1917.
Il Maggiore Generale, Comandante del Campo
A. Giannuzzi-Savelli”

(Biblioteca Maldotti Guastalla)

Alla fine del Dicembre 1917 il Campo venne chiuso.

 

Diretta conseguenza di avere, nella zona emiliana, diversi campi di “raccolta”, prima nel 1917 dopo Caporetto, poi nel 1918 per ex-prigionieri, fu che molti di questi poveri soldati, non sopravvissuti causa malnutrizione, indebolimento fisico ed epidemia di spagnola, furono sepolti nei cimiteri locali della provincia reggiana…e lì, probabilmente, rimasti. Questa affermazione è supportata da un documento datato 1922: si specifica che con decreto legge n.1317 del 22/09/1922 “venne accordata, ai termini fissati di legge 11/08/1921, n.1074, una proroga fino al 31 Dicembre p.v. per la presentazione delle domande pel trasporto gratuito delle salme dei caduti di guerra:

Trasporto salme

Dato che la maggior parte dei militari, non nativi del luogo, presumibilimente sepolti nei cimiteri emiliani, morirono per malattia o indebolimento fisico, non sono compresi nelle categorie aventi diritto al trasporto gratuito; di conseguenza, ben poche famiglie potevano permettersi il costo del trasporto, tenendo presente che si parla di viaggi dalle zone emiliane al Veneto, Friuli, Sicilia, ecc…

Sono convinta anche che per alcuni di essi non avvenne nemmeno la comunicazione alle famiglie, per vari motivi, uno su tutti la mancanza di informazioni. Difatti per alcuni di questi soldati le ultime notizie ai congiunti (confermate anche dall’Albo d’Oro Ministeriale dei caduti) riguardavano una “morte presunta nel tal fatto d’armi” o “disperso dopo un fatto d’armi”, nell’Ottobre-Novembre 1917….in realtà erano stati fatti prigionieri, poi sopravvissuti alla prigionia ed infine rientrati in Patria. Ma non vi è traccia di essi nell’Albo Ministeriale…

A differenza delle fonti ufficiali, nella provincia reggiana, i campi di concentramento per ex-prigionieri di guerra furono un pò più numerosi. In vari documenti ufficiali vi è traccia di tali campi di raccolta, a cominciare dai Fogli Matricolari di soldati :

Ecco due esempi di Fogli Matricolari: il n.1, poco leggibile, cita: “Tale prigioniero di guerra ed internato a Sazen (?) Giugno 1917, rimpatriato in seguito ad armistizio ed assegnato al Campo di Concentramento di Novellara (Reggio Emilia) 11 Novembre 1918, morto nell’Ospedale civile di Novellara in seguito a polmonite da influenza…”. Il n.2, molto più leggibile cita: “Liberato dalla prigionia e rientrato in Italia Campo di Concentramento di Reggiolo, 3 Novembre 1918…”

Un altro documento, datato 26 Novembre 1918, scritto dal prefetto Boniburini di Reggio Emilia: “Mentre non sono ancora sistemati circa 15 mila prigionieri liberati del settore di Correggio arrivati senza alcun preavviso e mentre se ne attendono 20 mila nel settore di Reggio stanno arrivando da ieri mattina pure senza preavviso dal campo concentramento Mirandola nei paesi di Reggiolo, Rolo, Fabbrico, altre migliaia di uomini (…)

Le mie ricerche continuano, per far luce su queste poco conosciute e tragiche vicende e per onorare il ricordo di questi poveri soldati DIMENTICATI:

Famiglia Siotto-Pintòr, nobili di Sardegna

19 Marzo 2013
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La storia di questa Famiglia nobile originaria della Sardegna, iniziò con la lettera della foto….da essa ho cominciato a fare ricerche e il risultato è la testimonianza diretta di un padre e di un figlio che vivono la lontananza causa la guerra….

Ecco la loro storia….

Diodato Siotto-Pintòr (in Parrocchia battezzato coi nomi Adeodato Giovanni Giacinto, dal libro Quinque Libri Stampace 32 c. 2v. atto 27) nacque il 9 Aprile 1852 a Cagliari (Quartiere Stampace), figlio del politico e magistrato Giovanni e della Ruda Isabella. Si trasferì a Milano dove prestò giuramento per la leva militare nel 1874; si sposò colla Molla Angelina nel 1894 e dalla loro unione nacque Giovanni.

Diodato Siotto-Pintor. Fonte Foto: Associazione Araldica Genealogica Nobiliare della Sardegna, che ringrazio della disponibilità della foto. Cliccare sulla foto per accedere al sito dell’Associazione.

Dallo Stato di Servizio di Diodato Siotto-Pintòr (riporto scritto solamente la parte inerente la Grande Guerra; per leggerlo completo aprire il file pdf subito sotto):

  • Colonnello Comandante del 41° Reggimento Fanteria, 26 Gennaio 1902
  • Collocato a riposo con decorrenza per gli effetti della pensione, 11 Gennaio 1906
  • Maggiore Generale in detto, 3 Aprile 1913
  • Richiamato in servizio per le funzioni di Comandante del Presidio Militare di Bergamo, 29 Maggio 1915
  • Tenente Generale in detto, 31 Maggio 1917
  • Ricollocato in congedo, 31 Maggio 1917
  • Assume dal 1° Febbraio 1924 il grado di Generale di Divisione
  • Morto a Gorlago, lì 9 Novembre 1925
  • Campagne. ferite, azioni di merito: “riportò una frattura alla penultima costola destra in seguito a caduta da cavallo mentre assisteva in piazza d’armi all’istruzione delle compagnie del distretto, 3 Ottobre 1893
  • Decorato della Croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia
  • Autorizzato a fregiarsi della Croce d’Oro per anzianità
  • Campagna d’Africa 1895-1896
  • Autorizzato a fregiarsi della medaglia a ricordo delle campagne d’Africa colla fascetta campagna 1895-1896
  • Decorato della Croce di Cavaliere dell’ordine dei SS Maurizio e Lazzaro
  • Decorato della Croce di Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia
  • Decorato della Croce di Commendatore nell’Ordine della Corona d’Italia in considerazione di lunghi e buoni servizi
  • Ha compiuto il corso della Scuola di guerra nell’anno 1883
  • Riconosciuto il titolo di Nobile come da attestazione della Consulta Araldica del 1877

Stato di Servizio Diodato Siotto-Pintòr

Decorazioni di Diodato Siotto-Pintòr:

Croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia

Croce di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia (stessa decorazione della Croce di Cavaliere con l’aggiunta della rosetta di stoffa posta sul nastrino)

Croce d’Oro per Anzianità di Servizio (XXV anni). In questo caso non è specificato sullo Stato di Servizio di Diodato quanti anni fece.

Giovanni Siotto-Pintòr nacque il 3 Gennaio 1895 a Piacenza. Prestò giuramento di fedeltà a Gorlago (distretto Bergamo) il 23 Maggio 1915; di professione studente, capelli neri, occhi castani…

Dallo Stato di Servizio di Giovanni Siotto-Pintòr:

  • Soldato volontario nell’8° Reggimento Fanteria allievo ufficiale con la ferma di anni tre, ascritto 1° categoria classe 1894, 30 Settembre 1914
  • Caporale in detto, 30 Novembre 1914
  • Sergente in detto continuando nella ferma contratta, 31 Gennaio 1915
  • Sottotenente in detto arma di fanteria effettivo per mobilitazione al Deposito di Lecco ed assegnato al 73° Reggimento Fanteria per il prescritto servizio di prima nomina, 29 Aprile 1915
  • Giunto al deposito del 73° Fanteria, 15 Maggio 1915
  • Tale incorporato nel 160° Fanteria, 15 Maggio 1915
  • Tale in territorio dichiarato in stato di guerra, lì 24 Maggio 1915
  • Tale ricoverato nell’ospedale da campo n.008 (Piovene Rocchetta?) per ferita, 20 Ottobre 1915
  • Tale nell’infermeria presidiaria di Bergamo, 15 Dicembre 1915
  • Partito da territorio dichiarato in stato di guerra, 15 Dicembre 1915
  • Tale all’Ospedale della Clementia in Bergamo, 15 Gennaio 1916
  • Tale nell’Ospedale di S.Matteo Clinica Universitaria di Pavia, 5 Aprile 1916
  • Tale ricoverato nell’Ospedale Ortopedico in Milano; sottoposto a visita collegiale presso il collegio ortopedico di 1° grado di Milano e giudicato inabile per postumi di frattura dell’omero destro con lieve grado di limitazione funzionale del braccio e postumi di frattura mal consolidata del femore destro con accavallamento dei monconi, 16 Settembre 1916
  • Tale dismesso dall’ortopedico di Milano  ed inviato in licenza in attesa di disposizioni ministeriali, 7 Giugno 1917
  • Tenente con anzianità, 16 Agosto 1917
  • Collocato a riposo per infermità proveniente da cause di servizio, 21 Aprile 1918
  • Capitano di complemento nel deposito di Lecco, 4 Gennaio 1923
  • Inviato in congedo assoluto perchè riconosciuto permanentemente inabile per infermità proveniente da cause di servizio, 1° Marzo 1924
  • Tale giunto al distretto di Bergamo per riprendere servizio, 25 Marzo 1925
  • Ricollocato in congedo assoluto a sua domanda, 22 Aprile 1927
  • Campagne, ferite, azioni di merito: “riportò una ferita al terzo inferiore del braccio destro con frattura dell’omero e alla regione del ginocchio destro con frattura dei ???? del femore nel fatto d’armi del 20 Ottobre 1915
  • Campagna di guerra 1915
  • Decorato della croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia
  • Autorizzato a fregiarsi di un distintivo d’onore di ferita
  • Decorato della Medaglia d’Argento al Valor Militare
  • Autorizzato a fregiarsi del distintivo d’Onore per i mutilati
  • Nominato Cavagliere della Corona d’Italia
  • Concessa la Croce al Merito di guerra
  • Autorizzato a fregiarsi della Medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-1918 ed apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di campagna 1915-1916-1917-1918
  • Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Interalleata della Vittoria

 

Medaglia d’Argento al Valor Militare a Giovanni Siotto-Pintòr, motivazione: “Perchè alla testa del suo plotone di soldati di un’altro reparto rimasto senza Comandante, con slancio mirabile attaccò forti posizioni nemiche, sulle quali cadde colpito due volte gravemente. Altipiano di Folgaria, 19-22 Ottobre 1915

 

Dal riassunto storico della Brigata Milano (160° Reggimento Fanteria): “Il 18 Ottobre la Milano ha ordine di riprendere le operazioni contro le posizioni nemiche della linea Plaut-Bocca Val Orsara-Durer []. Il compito assegnatole è quello di sfondare, con parte delle sue truppe, il centro della linea di difesa []. Attende alla prima parte del compito il 160° che deve puntare contro il trincerone di q.1719 e q.1653 []. Il 19 Ottobre, cessata la preparazione di artiglieria, il 160° tenta ripetuti attacchi che si infrangono tutti contro i reticolati sorvegliati da fuoco di mitragliatrici e fucileria“.
Dal sito www.cimeetrincee/brigate

Foto del libretto personale di Giovanni Siotto-Pintòr, alla chiamata alle armi appartenente all’8° Reggimento Fanteria….

Il padre di Giovanni, Diodato, scrisse numerose lettere al figlio, soprattutto dopo il suo ferimento….dopo averne recuperate alcune, le riporto in questa pagina, come testimonianza della Grande Guerra e dell’unione di questa famiglia:

Montichiari, 5 Settembre 1915.

Caro Niù mio,
Sono qui dal 22. Si doveva sciogliere il campo il 7. E’ venuto l’ordine di prolungarlo di dieci giorni, così, salvo nuove disposizioni, si tornerà a casa il 17. Non è che io stia qui malvolentieri. Anzi ci sto benissimo e volentierissimo, meglio che a Bergamo. Vorrei che il campo durasse tre mesi. Ma mi rincresce per la povera mammina che è là sola. Dalle sue lettere capisco che si lascia vincere dalla malinconia. La casa le sembra una tomba e lo è veramente. Nessuna distrazione, nessuno con cui parlare, e poi i pensieri tristi, i timori che la assalgono…(capisco troppo bene che la sua vita presente, in queste condizioni è assai triste). Eppoi essa aveva calcolato di andare a passare un certo tempo dalla nonna; e il dovere se non rinunciare, dilaziona il soddisfacimento di un desiderio così giusto è comunque per lei di grande pena. Povera mamma! Essa è la vera vittima innocente di questo stato di cose. E’ per conseguenza dovere mio e tuo di colmarla di premur e di prove di affetto per farla ben sentire che non è sola al mondo e che vi sono cuori affezionati che palpitano all’unisono col suo. La nostra mammima mi ha mandato una nuova fotografia in piedi; l’aveva mandata anche a te. Ti piace?Non c’è male; ma chi potrà mai ritrarre l’espressione del viso e degli oggin della nostra mammina quando non fa il musin?
Qui le cose vanno come Dio vuole. Si fa quel che si può. Nella tua ultima cartolina mi domandi il parere circa l’ultimo articolo di Gatti. Caro Niù, io non leggo più nemmeno i giornali. Leggo appena il Bollettino del Comando Supremo sempre in attesa delle notizie di un successo decisivo. E basta. Non è che non ne avrei il tempo. E’ che mi costa leggere commenti, giudizi, previsioni su questa guerra che si riducono a chiacchere inutili che rispecchiano i preconcetti non sempre disinteressati dei loro autori e che generalmente sono smentite dai fatti. Tu però fai bene a metterti al corrente delle varie opinioni, ti servirà di istruzione.
Fai sempre il tuo dovere esattamente e con amore. Ora con la nuova disposizione che non tiene conto dei titoli di studio per le promozioni a sottotenente effettivo, la strada ti è aperta.
Saluta per me il Colonnello Morino, fa le mie congratulazioni a Campanella (Tenente Colonnello II Battaglione sino al 6 Luglio 1916, n.d.t.). Saluta il Colonnello Berardi (forse Maggiore Generale Berardi Francesco, Comandante di Brigata dal 24 Maggio 1915 al 6 Luglio 1916, n.d.t.) e l’Aiutante Maggiore Fagnami (?).
Caro Niù, abbi riguardo massimo alla tua salute senza la quale nulla si può fare. E, soprattutto, sta allegro.
Ti bacio e ti abbraccio con immenso affetto e ti benedico,

il tuo Papalin”

 

Bergamo 22 Ottobre 1915, ore 9,30.

Ninissimo Figlio mio,

in questo momento ricevo tre tue cartoline (11,15 e 16 corr.) una tua breve lettera (12 ott.) e una cartolina del Colonnello Morin (16 Ott.). Sono rinato a nuova vita. Ma da ieri avevo il presentimento che nulla di grave era accaduto. Interessantissima la tua cartolina del 15 nella quale mi annunzi di aver ricevuto il battesimo del fuoco e di essere ora un vero soldato. Bravo Giovanni! Ricevi le congratulazioni del tuo papalin che vive la tua vita di tutti gli istanti e che si compiace di ogni tua gioia. Iddio ti preservi! Intanto tu ricordati dei miei consigli, non esporti inutilmente; conservati per le buone occasioni in modo da prestare un servizio veramente utile. Al Colonnello Morin (forse Morino, Comandante del 160° Reggimento Fanteria dal 24 Maggio al 23 Ottobre 1915 n.d.t.) avevo scritto una cartolina augurando felici eventi al 160° Risponde:«Ebbi la sua bella cartolina così vibrante di alti sentimenti, e creda pure che ogni mio pensiero è al Reggimento e che ho sempre l’occhio fisso e fidente nei miei bravi ufficiali, fra i quali bene in vista il suo ottimo figliolo. Grazie sig. Generale, ed un commosso saluto». E dì un po’; hai fatto la domanda per passare effettivo? Ormai i quattro mesi di servizio al fronte li devi avere, anche detraendo i giorni nei quali hai dovuto allontanartene per la tua malattia. Non perder tempo, non lasciarti sfuggire questa occasione. Se le cose vanno bene, tu potresti passare tenente durante la campagna e forse, chissà, anche capitano. Sarebbe bello, non è vero?Nel caso che tu dovessi rimanere ferito, ricordati di domandare di essere mandato all’ospedale di riserva di Bergamo. Non sarà difficile l’ottenerlo perchè non più tardi di ieri l’altra sera, sono arrivati dei feriti del 160 (del 2° e del 3° battaglione) coi quali io ho parlato in una visita che feci ieri all’ospedale apposta per aver notizie di ciò che avevano veduto. Uno di essi, certo Pagliucca Angelo del 3° Battaglione ti conosce e mi ha detto che tu eri allegro e che scherzavi con un sottotenente sardagnolo (che deve essere il Sotgiu). Avendo tempo scrivimi della vita di trincea ma non dirmi nulla che possa dar motivo che i tuoi scritti possano essere trattenuti dalla Censura. E colla mamma, come si fa? Scrivi per essa qualche cartolina per darle da intendere che sei fuori dalla zona delle operazioni. In ciò però lascio a te di fare quello che credi; fa quello che ti suggerisce il tuo cuore e i tuo criterio. Vedo che mi scrivi col lapis. Hai perduto la penna stilografica? Peccato! Perchè lo scritto in lapis è soggetto a svanire a così fra poco tempo le tue lettere che sono documento prezioso per la famiglia e per te saranno illeggibili! Il soldato Ferrari Alceo che è partito da qui latore di una mia lettera per te e di una tavoletta di cioccolatta non è ancora tornato. In questi giorni tu sei in trincea. Dio ti aiuti e ti preservi da ogni disgrazia. Saluta il Colonnello e gli altri. Vedi di sopportare i disagi filosoficamente. Mi congratulo con te anche su questo punto. Sta sempre allegro, sempre allegro, sempre, sempre. I tuoi cugini di Cagliari si sono fatti vivi con te? Figlio mio, ti benedico e imploro da Iddio la sua protezione sopra il tuo capo che io mi prendo fra le mani e che bacio con intenso affetto. Tuo Papalin. La mamma è ancora a Piacenza”.

Bergamo, 29 Ottobre (1915) ore 6p.

Giovanni, figlio mio,
arrivo ora a casa. La mamma non è ancora arrivata. Sarà qui mercoledì sera (3 Novembre) dopo una assenza di 42 giorni. Giorni troppo tristemente memorabili! Porterà qui con sè una delle figlie della zia Elvira. Ciò è provvidenziale perché avrà con chi sfogarsi quando saprà ciò che è successo durante la sua assenza. Sta tranquillo che io starò bene all’erta per ottenere la tua destinazione ad un ospedale di Bergamo quando sarà giunto il momento in cui sarai in condizioni di essere trasportato; momento che, come puoi bene immaginarti, io aspetto con tutti i voti dell’anima mia. Ho trovato qui la bella lettera che tu hai fatto scrivere al Tenente medico Launa (?) per darmi tue notizie. Ringrazialo tanto tanto per me e digli che io gli sarò sempre riconoscente della sua pietosa premura. Non ti dico di farti coraggio perché ho veduto che ne hai da vendere, e ciò è per me di grande conforto. Lo zio Gaetano mi dice che in questi giorni è venuta tanta gente a domandare tue notizie. Il vecchio Gatti è venuto due volte e con anche il giovane Rinaldi. Tutti si interessano di te e ciò sarà a te di conforto! Il T.Col. Medico Zanchi al quale ho esposto il tuo caso mi ha detto cose confortanti sulla tua guarigione. Addio, Niu mio, figlio mio. Dio ti benedica e ti faccia guarire presto. L’anima di papà tuo è con te.

Papà.

 Ecco ora una cartolina scritta a Giovanni dalle zie…

Roma, 3 Dicembre 1915

Caro Giovanni,
è giunta stamane la cartolina in cui fai cenno del pacco da me spedito alla tua mamma, invierò a te direttamente altre camicie per feriti: non so se ti saranno utili, in ogni modo ne disporrai come credi meglio. Speriamo che il tuo miglioramento continui: il braccio è ancora ingessato? E la gamba ti fa molto soffrire? Ricordandoti sempre inviamo saluti e baci.

Pierina e zia Clementina”.

A Gorlago credo esista ancora la villa Siotto-Pintor….

 

Ringrazio l’Associazione Araldica Genalogica Nobiliare di Sardegna per la cortesia e collaborazione, in particolare nella figura del Signor Enrico Aymerich…
Ringrazio inoltre l’Archivio Arcivescovile di Cagliari per avermi fornito dati importanti…

Epidemia di Spagnola nel Reggiano

Epidemia Spagnola nel reggiano
8 Marzo 2012

L’epidemia spagnola, un terribile morbo che, diffusosi in Italia ed Europa nel 1918-1919, fece milioni di vittime, presentandosi come semplice influenza. Si dice che la diffusione, oltre alla mancanza di igiene e di norme precauzionali, sia stata notevolemente agevolata dalla Prima Guerra Mondiale; lo spostamento dei soldati, la forzata vicinanza tra gli stessi e la popolazione, crebbe a dismisura i contagi…

Per capire maggiormente la situazione, trascrivo qui di seguito piccoli paragrafi da un libro molto interessante che spiega in modo esaustivo la situazione di questa “poco conosciuta” epidemia; gli autori hanno compiuto dettagliate e importanti ricerche su questo fenomeno mondiale, analizzando, nello specifico, la situazione in Emilia. Il libro e i paragrafi trascritti aiuteranno a capire e tracciare quelle che, con ogni probabilità, furono le storie, o meglio, le vicissitudini di questi soldati che, dopo aver combattuto per la Patria ed essere sopravvisuti, morirono per un morbo sconosciuto ed implacabile.

“UNA REGIONE OSPEDALE. Medicina e sanità in Emilia-Romagna durante la Prima Guerra Mondiale. A cura di Fabio Montella, Francesco Paolella e Felicita Ratti. Edizione 2010 by CLUEB -Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna”:

di Felicita Ratti
Qui sono diventati «spagnoli in molti». Storia sociale comparata della pandemìa influenzale 1918-1919 nella provincia di Modena e nel land Salisburgo

“Definizione e presa di coscienza. Guerra, neutralità pandemìa e rispettive relazioni.
[…] Quando quella che oggi conosciamo come «pandemìa 1918-1920» o «influenza spagnola» cominciò, poco si sapeva su quello che sarebbe successo: non solo nel senso che sarebbe stato difficile prevedere una simile diffusione e mortalità, ma mancavano anche alcune conoscenze specifiche che, probabilmente, avrebbero potuto almeno in parte fare la differenza. La virologia non esisteva ancora, mentre la batteriologia era decisamente avanzata, ma gli antibiotici sarebbero arrivati più tardi […]. L’influenza cominciò ad apparire in modo del tutto blando nella primavera del 1918, in maniera talvolta isolata, per poi riapparire a partire da fine luglio e manifestarsi in tutta la sua brutalità dall’autunno, e in alcuni casi già a fine agosto […]. La provenienza geografica iniziale del virus è ancora dibattuta: Nord America, Cina, costa settentrionale della Spagna […]”.

di Michele Bellelli
Dalla pace alla guerra. Strutture e personale sanitario a Reggio Emilia

“La Vigilia.
[…] Il 24 Maggio 1915 il Governo italiano onorò il Patto di Londra dichiarando guerra all’Impero Asburgico (anche se non alla Germania, per il momento) e l’esercito, mobilitato, partì per il fronte […] La dichiarazione di guerra diede il via non soltanto alla mobilitazione generale dell’esercito e della marina, ma anche a tutta una serie di iniziative volte a prestare il maggior aiuto possibile, tanto ai militari quanto ai civili […]. Dal punto di vista della sanità militare uno dei primi provvedimenti adottati fu la trasformazione della caserma Cialdini in ospedale. Si trattava della principale caserma della città (insieme a quella di artiglieria), e avrebbe potuto contenere fino a 1.200 posti letto. La sua scelta fu di natura logistica, poiché l’edificio sorgeva accanto all’ospedale Santa Maria Nuova in via dell’Ospedale (oggi via Dante Alighieri) […]. In pochi mesi vennero allestiti in tutta la provincia numerosi ospedali militari, affidati alla direzione del tenente colonnello medico Francesco Astengo. Burocraticamente essi erano noti come ospedale militare di riserva di Reggio Emilia, dipendenti dall’ospedale militare principale di Piacenza. Oltre quelli nel capoluogo, anche nei comuni di Correggio, Cavriago (500 posti letto), Boretto, Guastalla, Luzzara e Montecchio Emilia furono impiantati ospedali militari […]. A Guastalla i primi 40 feriti giunsero il 24 Ottobre (1915): il Comune mise a disposizione 260 posti letto ricavati dal Seminario e dall’ospedale civile e il suo responsabile sarebbe stato il capitano medico Barbieri, proveniente dalla vicina Novellara […]”.

Astengo Francesco Colonnello sito

di Michele Bellelli
Aspetti e problemi dell’epidemia di spagnola a Reggio Emilia

La prima fase.
[…] Il 7 Ottobre (1918) morì a Roma il ragioniere Alberto P.; si trattava del primo reggiano per il quale venne espressamente indicata la spagnola come causa del decesso, ma i casi mortali erano iniziati già da tempo. Per quasi tutto il mese di ottobre fu un continuo succedersi di notizie come questa; nelle pagine dei necrologi i morti per l’influenza si affiancarono ai nomi dei soldati caduti al fronte. Chi volesse scorrere i quotidiani di quei mesi difficilmente tuttavia troverebbe indicata la spagnola come causa del decesso. Pudicamente essa era solitamente indicata come «crudele morbo» o «breve e violenta malattia» oppure con il nome francese di «grippe», quasi a voler nascondere che la causa di tanti lutti era proprio l’influenza […].
La storia di questa pandemìa così poco conosciuta sembra, almeno da un punto di vista di una piccola città, quasi una cronaca giornaliera, un diario macabro scritto con norme, regolamenti, divieti e inviti alla collaborazione che dovevano servire a stroncarla […]. Veniva presentato un vero e proprio decalogo che i cittadini dovevano tenere alla presenza di altre persone, come prima difesa contro un possibile contagio:

  1. non starnutire e non tossire senza essersi coperta la bocca con un fazzoletto; non sputare in terra.
  2. non baciare, non dare la mano
  3. non frequentare caffè, ristoranti e osterie affollati
  4. salire in carrozza meno che si può
  5. tenere aperte le finestre con qualunque tempo e in ogni luogo. Vivere più che si può all’aria libera
  6. non fare visite né riceverne. Evitare soprattutto di recarsi negli Ospedali e in quei luoghi ove sono, o sono stati, dei malati
  7. non viaggiare
  8. respirare possibilmente attraverso il naso ed evitare di volgere la bocca a chi vi parla
  9. disinfettarsi le amni prima di mangiare; fare mattina e sera sciacqui alla bocca e gargarismi con acqua e tintura di iodio. Pulirsi regolarmente i denti
  10. non sollevare polvere nelle case. Lavare il pavimento con disinfettanti”.

Ringrazio vivamente Michele Bellelli e Felicita Ratti, per avermi dato la possibilità di trascrivere questi piccoli paragrafi della loro opera, e per avermi fatto conoscere questo fenomeno, fino ad oggi, poco conosciuto e trattato…

Nonostante l’imperversare dell’epidemia di Spagnola, molti Comuni non riconobbero inizialmente la gravità della situazione, tant’è che, nei primi casi di decessi, come causa di morte veniva trascritto “morte improvvisa” o altre diciture. Questo ha creato varie difficoltà nel cercare di ricostruire lo sviluppo di questa epidemia…A Guastalla tuttavia, questo non avvenne e, nei registri Parrocchiali dei defunti, come causa di morte è ben specificata l’influenza Spagnola…

Nel periodo di fine 1918 era talmente alta la possibilità di contagio che si dovettero adottare misure estreme di “contenimento e comportamento” al fine di evitare una ulteriore diffusione. Il prefetto di Reggio Emilia Boniburini, tra le varie iniziative, scrisse ai vari Sindaci dei Comuni della provincia:

A completamento delle misure profilattiche suggerite da questo ufficio con le precedenti circolari, comunicasi che per maggiormente salvaguardare l’incolumità delle persone ed impedire la diffusione dell’influenza, ha disposto quanto segue:

  1. Da oggi e sino a nuovo avviso sono proibiti tutti i cortei funebri
  2. Tutti i feretri, di qualunque categoria, dovranno essere trasportati direttamente dalla casa del defunto al Cimitero e sarà in permanenza un sacerdote per le assoluzioni di rito
  3. Potranno seguire il feretro soltanto un sacerdote e i rappresentanti della famiglia dell’estinto
  4. Tutti i Cimiteri resteranno chiusi al pubblico dal 27 Ottobre corrente all’11 Novembre inclusi, rimanendo così oppresse tutte le funzioni e le onoranze alle tombe, solite a farsi nei primi di Novembre per la commemorazione dei defunti

Il Prefetto Boniburini, Reggio Emilia 22 Ottobre 1918”.

 

Don Antonio Brunozzi, classe 1880

6 Novembre 2011…

Fonte: Sigillo dell’Umbria, 1972. Foto del Signor Marco Menghini di Sigillo.

Questa storia è nata, in un certo senso, due volte: nel 1880 e nell’Ottobre 2011…E’ una storia il cui protagonista è un sacerdote che riunisce due paesi, così distanti tra loro: Guastalla (Reggio Emilia) e Sigillo (Perugia). In questa sezione “Voci e Volti dal Fronte”, in cui si raccontano storie vere di soldati della Prima Guerra Mondiale, i protagonisti sono coloro che, con le loro vite, ci trasmettono la realtà del Primo conflitto mondiale. Storie come questa, che sto per raccontarvi…

Nell’Ottobre 2011, facendo ricerche nell’Archivio Parrocchiale di Guastalla, trovai, tra i registri dei defunti, le registrazioni dei soldati sepolti nel Cimitero di Guastalla (vedi sezione dedicata). Tra questi elenchi mi colpì una serie di nominativi: persone che, per vari motivi, si trovavano a Guastalla durante la Grande Guerra e che, purtroppo, trovarono la morte a causa dell’epidemia di Spagnola. Erano rifugiati di guerra, ex-prigionieri, e, in questo caso, un sacerdote che fu assegnato all’Ospedale di Guastalla, per dare conforto ai numerosi ricoverati, tra ferite di guerra e malati terminali di epidemia…Questo sacerdote, che così tanto si dedicò ai malati, era Don Antonio Brunozzi…

Antonio Brunozzi nacque a Sigillo (Perugia), nel 1880, figlio di Angelo. A 11 anni entrò in seminario e già dal periodo della scuola cominciò a farsi notare per il suo talento artistico (talento poi che avrebbe affinato negli anni successivi studiando presso l’Accademia di Belle Arti a Perugia e Firenze). Poi il Primo Conflitto Mondiale lo richiamò alle armi, nel 163° Reggimento Fanteria (Brigata Lucca), costituitosi nell’anno 1917 (per la prima parte del 1918, il 163° e 164° si alternarono a periodi di esercitazione e presenze al fronte; poi vennero schierati nella zona di Nervese). Dopo aver partecipato alla ritirata di Caporetto, venne assegnato all’Ospedale Militare di Guastalla. Giunto, iniziò la sua opera caritatevole verso i malati ricoverati in tale Ospedale Militare, ma, a causa del terribile morbo della Spagnola, si ammalò per poi morire il 18 Settembre 1918, a solo un mese dalla fine della guerra.

Dal Foglio Matricolare:

Brunozzi Antonio, soldato di leva 1° Categoria, classe 1880.
Designato per la ferma di due anni

  • Chiamato alle armi e giunto, lì 26 Marzo 1901
  • Tale nel 22° Reggimento Fanteria, lì 5 Aprile 1901
  • Caporale in detto, lì 30 Settembre 1901
  • Caporale Maggiore di Maggiorità in detto, 31 Gennaio 1902
  • Tale effettivo al deposito di Reggimento Spoleto e mandato in congedo illimitato, lì 14 Settembre 1902
  • Concessa dichiarazione buona condotta, lì 25 Novembre 1902
  • Tale nella 9° Compagnia di Sanità siccome Ministro di culto religioso, lì 30 Marzo 1904
  • Chiamato alle armi e giunto, lì 12 Ottobre 1904
  • Mandato in congedo illimitato, lì 15 Dicembre 1904
  • Tale nella Milizia mobile di detta, lì 15 Giugno 1909
  • Tale nella Milizia in detto, lì 31 Dicembre 1913
  • Chiamato alle armi e giunto, lì 22 Marzo 1915
  • Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra, lì 25 Giugno 1915
  • Sotto-tenente di Milizia territoriale, arma di fanteria, effettivo per mobilitazione al distretto M.T. Di Spoleto, con l’obbligo di prestare il prescritto servizio di prima nomina nei reparti M.T., costì 4 Maggio 1916

(A breve spero di poter recuperare anche lo Stato di Servizio).

Fonte: Sigillo dell’Umbria, 1972. Rievocazione a cura del prof. Aroldo Aleandri. Foto del prof. Paolo Marianelli di Sigillo (pronipote di Don Antonio).

Don Antonio venne seppellito nel Cimitero Comunale di Guastalla. Così è scritto nell’atto di morte: “atto n. 528. Addì, 21 Settembre 1918. Brunozzi Prof. Don Antonio, figlio di Angelo e della Spigarelli Nicolina, nato a Sigillo di Gualdo Tadino e domiciliato colà. Di stato sacertode e al momento della morte Tenente dell’esercito. In questa Parrocchia, in questo ospedale militare, cessò di vivere in età di anni 38, il giorno 18 Settembre ed oggi è stato sepolto nel cimitero di Guastalla con le sacre esequie”. (Parrocchia Duomo di Guastalla).

Da “Il Tempo”, 29 Settembre 1918.

Una dolorosa notizia , tanto più straziante perchè improvvisa ed inaspettata, e che costerna il cuore dei parenti, ed ammiratori, giunse il 18 Settembre u.s. Con la quale il Direttore dell’ospedale militare di Guastalla comunicava al nostro Sindaco, Cav. Ubaldo Fantozzi, che il nostro concittadino, il carissimo amico prof. Don Antonio Brunozzi, Tenente di Fanteria dopo tre giorni di malattia, sereno e calmo come un angelo, cessava di vivere. Parlare di lui nel breve spazio di una corrispondenza di un giornale non è possibile. Soldato di Cristo e della Patria egli seppe riunire nel suo cuore in ammirabile armonia queste due fiamme di amore puro e santo che tutte illuminò le azioni della sua vita operosa: sacerdote cristiano, abbracciò questo come elevazione del proprio spirito e come nobile missione di bene che continuamente svolse in mezzo a quel popolo, fra cui nacque e visse, elevando ad alte identità di rispetto, di unione, di libertà e di uguaglianza: sacerdote della Patria nostra compì il suo dovere dal primo giorno fino all’ultimo, esempio e modello di disciplina, di abnegazione e di sacrificio. [….] Quando, dopo finita la guerra, noi ci ripromettevamo di vederlo tornare, pieno di energia, a quell’arte cui era completamente consacrato, la morte lo colse non ancora quarantenne e lo volle strappare violentemente alla religione, alla Patria, all’arte, all’affetto dei tanti numerosi amici per cura dei quali gli si preparano solenni funerali. Pace eterna all’anima buona del caro estinto, dell’illustre concittadino”.

Nel 1971 un nipote di Don Antonio, fece un lunghissimo viaggio (proveniva dalle Hawaii) sino a Guastalla, per visitare la sepoltura del sacerdote. Trovata la tomba cominciò ad interessarsi, presso gli uffici competenti, per riportare la salma a Sigillo, il suo paese natìo. Ricevute tutte le autorizzazioni, tornò dopo poco tempo a Guastalla. Don Antonio fu trovato con ancora la sua divisa militare da Tenente e fu trasportato a Sigillo alla fine del 1971. Don Antonio è ritornato a casa e riposerà per sempre in pace nel cimitero di Sigillo accanto all’amatissima madre e ai famigliari.

 

Ringrazio infinitamente il Signor Pellegrini e il Comune di Sigillo, per la gentilezza e disponibilità e per avermi fornito parte del materiale su Don Antonio. Spero, con questo spazio, di aver dato nuovamente luce ad un altro combattente della Grande Guerra, ad una figura così cara a tutti gli abitanti di Sigillo. Ringrazio anche “Estor delle Paludi”, di Cimeetrincee, per l’aiuto ed i suggerimenti datomi.

Pietri Amedeo

 

Questo blog ha come unico scopo il ricordare, con foto, commenti, racconti, poesie, lettere, ecc, i nostri nonni, parenti, amici, che hanno militato nella Prima Guerra Mondiale. Non si fa politica o altro.

Cercherò di ricostruire la storia militare del mio bis-nonno e di rendere onore e omaggio a tutti coloro che hanno militato nella Grande Guerra. Militari e civili.